Come superare la mente per arrivare alla beatitudine?

NOI SIAMO UNA VIA DI MEZZO DEFORMANTE FRA LA PUREZZA DELL’ANIMALE E LA PUREZZA DIVINA DEGLI DEI (Agenda di Mère, Vol. I, 1951- 1960, pag. 204)

Riprendo un attimo le mie fonti di ispirazione (ammesso che si siano mai perse) per mettere a fuoco il mio metodo di guarigione/sopravvivenza/distacco dalla Vita.

La questione mi è parsa chiara in varie situazioni sanitarie della mia (breve, lunga, intensa) vita, ora non partirei da quelle passate ma direttamente dal tumore cerebrale (diagnosticato 2 anni fa, febbraio 2021).

Era un tumore “benigno”, che avevo in testa “da molti anni”, i medici non sanno dire quanti, gli astrologi sì 😉

2 anni fa (5.02.2021) operazione d’urgenza, asportazione di tutto il lobo frontale sinistro.

Mentre mi “ammalavo” (nei mesi precedenti), mi osservavo e vedevo un corpo che non prendeva più peso, che aveva bisogno di meno, debole, assonnato, etc. …ho sempre assecondato tutte queste richieste, seguendole e non allarmandomi.

Poi, appena raggiunto l’ospedale di Ancona, ho ringraziato Dio per quello che “intuivo”, mi sono messa (pre-operazione) a delegare gestione dei medici e degli amici (mi sono resa conto della quantità infinita di amici che ho accumulato in 40 anni!) … bene, mi concentro sull’operazione (fate conto che ero proprio “disorientata” e “mezza in coma”), e tempo 4 gg dopo l’operazione mi mandano a casa!

Parentesi solo per chi non sapeva (qui ancora non c’era il blog che è nato l’autunno scorso, scrivevo su Facebook post chiedendo di andare solo lì perché il cellulare mi dava molto fastidio e non potevo spegnerlo).

Da lì, chi vuole può andarsi a leggere i miei vecchi post in fb e vecchi articoli qui nel blog: mi avevano dato 7 mesi di vita quindi le persone erano un po’ allarmate- anche al posto mio!!- e spaventate dalla mia morte, ma per me è sempre stato molto chiaro che uno “riflette”, anche, la sua paura della propria morte!

Ora, dicevo in premessa, di recuperare- manifestare- anche i miei riferimenti (quelli che scopro tali anche dopo che li ho usati, anzi da qualche tempo quasi sempre così!)

Uno di questi è l’Agenda di Mère, 13 Volumi scritti ad Auroville (India).

Mère è nel mio tempio, Maestra di gestione del corpo, della mente, e dell’anima, in un’ottica di yoga integrale e cellulare (non faceva Asana, le posizioni che tutti oggi “associano” allo yoga in Occidente).

Compagna “spirituale” di Sri Aurobindo, lui le lasciò la gestione di Auroville (e di tutto quanto collegato all’esterno!), quando lasciò il corpo.

L’agenda di Mère è solo uno dei suoi “prodotti”: ogni giorno (o quasi!!) narrava le Sue esperienze a Satprem (lett. “Chi sa amare”) che le registrava e trascriveva.

Le sue esperienze riguardavano l’evoluzione della specie umana.

Il passaggio ad altra specie, in grado di tornare in piena unione col divino interno ed esterno, limitando i danni (di quella che inizialmente fu strumento) della mente.

L’uomo “occidentale” è abituato a considerare che “senza mente” non ha “più nulla”, si immagina perso, si sente mancare tutte le ancore…

E – invece! – tutti i problemi, i drammi, le tragedie, il senso di oppressione, la pesantezza, arrivano tutti da lì!

Lo “yoga” è stato per me una forma di ri- educazione della mente (oltre che del corpo e dell’anima).  L’ha aperta ad ascoltare, sentire, vedere, capire usando tutti i nostri “corpi”, in un’esplorazione continua e “mai cieca”.  Andando oltre questo “corpo”, da cui si dovrà staccare, verso tutti i “corpi sottili”, dove vige la beatitudine.

E questo lo sto usando anche ora.

Anche ora che non riesco a camminare più di qualche passo, che non riesco a piegare testa, busto, gambe, che sento una parte (la destra) del corpo più alta, che non giro la testa se non sentendo male, che ho parti esterne ed interne del corpo “mezze paralizzate” (dovrei / vorrei / potrei? Misurare queste mezze paralisi, ma a che pro?), che la pelle è sempre più disidratata (ho prodotti apposta con cui mi faccio un paio di – delicatissimi!- automassaggi al giorno, paziente nel vedere che risolvono solo temporaneamente e poi devi ricominciare e il giorno dopo è peggio!).

Il cervello ancora funziona (prima di iniziare la chemio, 2 mesi fa, era un po’ “saltato”, non riuscivo a formulare frasi, non mi uscivano le parole, era saltata completamente la “matematica” etc. …) ora va meglio, ho solo le conseguenze (ancora limitate, in via di crescita!) della chemio!

Mère illustra (nel capitolo della citazione iniziale) a Satprem che alle persone viene data una quantità di energia che è destinata a un tot.di gestione (corpo, Mente, anima) e loro si mettono subito condividerla, chiamarla, nominarla, etc., e in questo modo ne disperdono l’energia, che  quindi resta meno di 1/3!

Non sanno, non sanno proprio fare quel movimento di rientrare all’ interno, utilizzare l’energia (non tanto conservarla, non è una cosa da conservare) per riparare il danno subito dal corpo e per andare a scovare la ragione profonda dell’incidente e della malattia, mutandoli, a quel punto, in un’aspirazione, in una trasformazione interiore.  Ma invece di far così, immediatamente si mettono a chiacchierare, a muoversi, ad agitarsi, a fare questo e quello!

In fondo, l’immensa maggioranza degli esseri umani, si sente viva solo quando disperde energia, altrimenti non le sembra vita”. (Pag. 205, Vol.I, Agenda di Mère).

Mi son resa conto (in particolare negli ultimi 2 anni di malattia) che tutto quello che notavo in stati meditativi o yogici non lo ‘commentavo’ mentalmente, prendevo atto del cambiamento (senza chiedermi se definitivo, ma immaginandone una evoluzione). E anche il semplice ‘contemplare’, stare in silenzio e non commentare / giudicare, osservare / percepire / registrare come un osservatore. La noia? Il non saper come disperdere energia: non so cosa sia, mai saputo, “se mi annoiavo, non c’ero”.

E continuando la lettura:

“Gli déi sul piano ‘surmentale’ sono infinitamente più egocentrici: per loro l’unica cosa che conta è il potere, la misura del loro potere. L’uomo ha in più un essere psichico, e quindi è capace di amore e compassione: questa è la sua superiorità sugli dèi.

Gli dèi non conoscono la colpa perché vivono secondo la propria natura, in modo spontaneo, senza costrizioni: secondo il loro modo di dèi.

(…) Una cosa è certa: l’uomo è molto più vicino al Supremo che non gli dèi. A condizione che soddisfi le condizioni che ci vogliono, può essere più vicino. Non che lo sia automaticamente: però può esserlo, ha il potere di esserlo, ne ha le potenzialità”. (Pagg. 208-209, Ibidem)

Esempio applicato: i sensi di colpa ‘inconsapevoli’ emersi negli ultimi 2 anni, che mi vincolavano e condizionavano! Wow, tanti e arrivano fino agli antenati!!! Liberati, poi liberati, poi liberati, poi liberati, la cipolla non finisce (forse) mai gli strati! Una volta liberata (dicono che fine marzo sarà un boom di rinascite, in molti, tanti, tutti i sensi!), mi abbandonerò nelle braccia del Supremo! Intanto, in tutta la vita e in particolare negli ultimi 2 anni, ho avuto tante piccole ‘rinascite’ in cui ho sentito il sapore, l’odore del Supremo.

(Pagg. 212-213, Ibidem) Traducendo un aforisma di Sri Aurobindo (“La conoscenza è quanto la mente, a tentoni, e con uno strumento deformante, può cogliere della verità; la Saggezza ciò che l’occhio della visione divina vede nello spirito”), “Mère paragona la Verità a una pura luce bianca”

(…) Questa metafora dei colori dà un’idea molto precisa.

La verità è come una luce bianca ricomposta in tutte le sue componenti: infatti, contiene tutto quello che esiste. Ma il mezzo con cui vediamo la verità non è un mezzo adeguato a manifestare tutti gli elementi, o tutti i colori – potremmo dire anzi che i migliori colori ci sfuggono. Così, invece di vedere una luce bianca, vediamo un insieme di colori di un qualcosa di composto di tutti i colori insieme.  

Sri Aurobindo lo ha espresso APPOSTA nel modo più vago possibile: “so much of the truth…as the mind arrives at” (quanto la mente può cogliere della verità)”.

Ho cercato un’ora (…) e non ho trovato niente. [n.d.r. qui Mère si riferisce a una possibile precisazione/ traduzione].

Come sentire nel visibile, nella materia (ad esempio, ciò che i nostri nervi ottici proiettano nel cervello a cui noi poi diamo il nome di colori?) ciò che è Vero Ovunque?

Grazie allo “yoga”, a tutto il lavoro che unisce l’interno con l’esterno (e viceversa!), grazie a questo ‘tumore’, ho imparato a vedere il lavoro della ‘mente umana’ sul corpo (in realtà io me n’ero già distaccata 2 anni fa, quindi vedevo scorrere i pensieri e li lasciavo andare senza neanche terminarli!), fino alle ultime ‘semi – paralisi’…

Infine, giusto per passarci ‘sopra’ ora, giusto per mostrare come ogni attimo, ogni scelta, ogni pensiero può portarci in una direzione completamente opposta a quella in cui ‘siamo’ o ‘crediamo d’essere’…

Nello stesso periodo (in queste settimane), oltre al primo Volume dell’Agenda di Mère (e altri libri che avevo), ho iniziato e finito un libro regalato da un amico (Alessandro), “Il bene quotidiano”, un Diario di scritti (tra il 1941 e il 1942), di questa olandese, Etty Hillesum, che il 30 novembre del ’43 fu uccisa ad Auscwitz .

Lorenzo Gobbi, che ne ha curato la traduzione, dice che, in questo ‘breviario’, la possiamo leggere ‘come non l’abbiamo mai letta’.

È solo un esempio, tra gli infiniti che abbiamo di fronte, per unire i mondi in un’armonia che ci accompagni sempre.

Allora, semplicemente, vi riporto alcuni degli estratti (potete leggerne anche 1 alla volta!) che leggendo ho pensato che rispondano alla tematica di questo articolo (Come superare la mente per andare verso la beatitudine?) nella mia esperienza.

LA GIUSTA DIMORA DEL DOLORE (28 marzo 1942)

(…) E il dolore che ne viene dobbiamo saperlo sostenere, possiamo lasciare che ci schiacci ma dovremmo tornare a rimetterci in piedi, perché una persona è così forte, e perché il dolore deve diventare, per così dire, una componente di noi stessi, un pezzo del nostro corpo e della nostra anima, non dobbiamo fuggirlo, ma sostenerlo, come una persona matura, non reagire con sentimenti d’odio che vogliono vendicarsi su tutte le madri tedesche – le quali, proprio adesso, in questo momento, si trovano a sopportare lo stesso dolore per i propri figli caduti e massacrati.

A questo dolore bisogna garantire in sé stessi tutto lo spazio e la dimora che gli è dovuta, e in questo modo può darsi che il dolore nel mondo diminuisca, se ognuno sopporta, con lealtà e serietà, completamente, ciò che gli viene inflitto. Ma se al dolore non si offre la giusta dimora, se si offre uno spazio maggiore all’odio e ai pensieri di vendetta, da cui ancora nuovo dolore nascerà per altri, il dolore in questo mondo non avrà mai fine, ma potrà soltanto moltiplicarsi. – Quando avrai riconosciuto al dolore il luogo e lo spazio che gli è dovuto in forza delle sue origini nobili, allora potrai dire: la vita è così bella e così ricca. Lo è così tanto, che potresti confidare in Dio.” (pag. 76-77)

PRENDO CONGEDO (22 luglio 1942), pag. 80.

Il mio cuore oggi già diverse volte è morto, ma ogni volta si è rialzato. Prendo congedo di minuto in minuto e mi separo da tutto l’esteriore. Recido le corde che ancora mi tengono legata, prendo a bordo tutto ciò che penso mi possa servire per il viaggio. Ora siedo lungo un canale silenzioso, le mie gambe dondolano da un muretto di pietra, e mi chiedo se il mio cuore non finirà per essere così stremato e consunto da non poter più andare, come un libero uccello, là dove vuole.

NELLA TUA MANO (21 dicembre 1941), pag. 86

Matura molto lentamente in me, nell’ultimo periodo, una tale ‘confidenza’, un aver fiducia realmente grande. Un sentirsi al sicuro nella tua mano, mio Dio. E non mi trovo più così spesso divisa dalla corrente profonda in me. E quando sono frenetica o esuberante, non è qualcosa di forzato o di folle, ma è basato sulla sicurezza di quella corrente. E non mi scontro neanche con gli angoli acuminati della giornata.

PER OGNI COSA (15 gennaio 1942), pag. 87

Dio, io ti ringrazio, ti ringrazio perché tu vuoi abitare in me. Io ti ringrazio per ogni cosa.

MOLTO, MOLTISSIMO (4 luglio 1942), pag. 78

Una cosa, comunque, è sicura: bisogna aiutarla a crescere, la riserva d’amore su questa terra. Ogni scheggia d’odio aggiunta a questi troppi odi rende questo mondo ancora più inospitale e più invivibile.

MINUTO PER MINUTO (24 marzo 1941), pag. 63

(…) Perché questo è un punto di arrivo: essere davvero, intimamente felice, accettare e gustare il mondo di Dio, senza allontanarmi dal tanto dolore che c’è. È un tale misero ammasso l’umanità, come la si può vedere ai nostri giorni. Così poco realmente radiosa, così poco felice di vivere. Piena, piuttosto, di complessi, afflizioni, gelosie, matrimoni infelici e figli falliti, etc. però, anche se sei in un sottotetto e mangi pane secco, la vita merita di essere vissuta.

FARE, ESSERE (30 settembre 1942), pag. 98

Essere fedeli a tutto ciò che si è iniziato in un momento spontaneo, magari anche troppo spontaneo.

Essere fedeli a ogni sentimento, a ogni pensiero che ha cominciato a germogliare.

Essere fedeli nel senso più ampio della parola.

Fedeli a sé stessi, a Dio, fedeli ai propri momenti migliori.

E là, dove si è, esserci al cento per cento. Il mio “fare” consisterà nell’ “essere”.

Note:

La situazione in Auroville negli ultimi periodi si è “infuocata”, qui non entro nel merito di questo, ma sarebbe molto ‘bello’ se tra chi mi legge c’è qualcuno che vive lì e/o che è in contatto con chi ci vive, e potesse darci notizie “da dentro”. Ma, in ogni caso, non era questo ‘il piano’ dell’articolo.

Satprem: https://it.wikipedia.org/wiki/Satprem

Auroville: https://www.terranuova.it/News/Ecovillaggi-e-cohousing/Auroville-l-ecovillaggio-indiano-a-cinquant-anni-dalla-fondazione

Etty Hillesum: https://it.gariwo.net/giusti/shoah-e-nazismo/etty-hillesum-15620.html